di
Carmelo Mobilia
# 40
VIAGGIO IN
SICILIA
E’ mattina a villa
Spector. La lotta contro il crimine non ha
orari e pertanto può capitare di fare le ore piccole, quando si è dietro a un
caso.
Certo è molto dura darsi a
questo tipo di attività se si deve timbrare un cartellino o se si hanno orari
da operaio; molto più semplice invece se si è milionari come Marc Spector.
Marc, privo della maschera
e del cappuccio ma con ancora il costume addosso, era seduto davanti al
computer della sua base segreta posta nei sotterranei della villa.
Insieme a Nigel stavano
facendo il punto della situazione relativamente al traffico di OCM e ai
criminali evasi dall’istituto Ravencroft e aggiornando il database.
<Il numero è salito a
47> disse Nigel.
<Già, e molti di questi
svitati li ho già combattuti. M’hanno fatto penare. Non sarà facile
riacciuffarli.>
<Il nostro lavoro sarebbe
molto più semplice se facessimo a modo mio; una pallottola in testa e tanti
saluti.>
<Ne abbiamo già
parlato, Nigel ... non se ne parla proprio.>
<D’accordo d’accordo
... faremo a modo tuo. Ma questo significa continuare a fare le ... cacchio,
sono quasi le dieci.>
<Di già?>
<Vola il tempo quando
ti diverti eh?> disse sarcasticamente l’inglese < e dato che tu sei il
cavaliere della Luna e non del Sole, direi che sia il caso di interrompere e
riprendere al tramonto.>
<Si, hai ragione,
finisco qui e andiamo a dormire qualche ora.>
<Ben detto. Inoltre...
ehi, aspetti qualcuno?>
<No. Nessuno sa che
sono tornato a vivere qui.>
<Allora chi è quello
lì?> disse ancora Nigel, puntando il dito sullo schermo collegato alla
telecamera all’ingresso.
Questo mostrava un
corriere intento a suonare al campanello.
<Non mi piace. Mi puzza
di trappola.>
<E’ sospetto si, ma non
penso che ...>
<Vado io ad aprire.>
decise Nigel, risoluto, nascondendo una pistola dietro la schiena.
La cancellata della villa
si aprì, il ragazzo della DHL attraversò il vialetto e si diresse verso il
portone della villa. Lì vi trovò Nigel
pronto a riceverlo.
<Desidera?> chiese.
<Ho una busta da
consegnare a mr. Marc Spector.>
<La dia a me.> disse,
firmando la ricevuta, poi riscese nel sotterraneo, e mise la busta sotto uno
speciale scanner.
<E’ pulita. Niente
antrace o roba del genere.> rivelò.
<Dammela.> disse
Marc.
Aprì la busta con una
certa curiosità: non c’era il mittente, non si sapeva da chi o da dove
provenisse.
<Oh no... no, no...
no...> esclamò Marc, facendosi bianco in volto.
<Cosa? Cosa c’è?>
domandò Nigel preoccupato.
Erano delle foto che
ritraevano Marlene insieme a un uomo. La caratteristica inquietante era che in
tutte il volto di Marlene era marchiato da una minacciosa “x” rossa.
<E’ la tua ex?>
<Si.> rispose
furioso <Qualche bastardo vuole minacciarla per colpire me!>
Mise la foto nel computer,
scansionando l’immagine dell’uomo insieme a lei, cercando di avere informazioni
su di lui nel tentativo di scoprire la sua identità.
Nigel prese la busta in
mano.
<C’è ancora qualcosa
dentro.> disse scuotendola.
Cadde a terra un oggetto
metallico.
Marc lo raccolse.
Era un anello d’oro con un
incisione sopra, una grossa “N”.
Marc sapeva a chi
apparteneva. All’improvviso gli fu tutto chiaro, e persino un uomo impavido
come lui non potè non avvertire un brivido di terrore.
<Nefaria...>
Pochi giorni prima.
Da qualche mese a questa parte Marlene Alraune
era disoccupata.
Aveva rinunciato alla sua
posizione sia presso la Spectocorp che nella Fondazione Arcana e si era presa
un periodo sabbatico per decidere cosa fare della sua vita, dopo lo “tsunami”
emotivo che aveva subito nell’ultimo periodo.
Fortunatamente, i ricavi
dei libri di archeologia di suo padre le permettevano di mantenersi.
Ma una donna come lei
aveva bisogno di tenersi impegnata.
Non era più la mantenuta
di “Steven Grant” e voleva trovare la propria strada.
L’occasione le arrivò
dall’Italia; in una zona balneare della Sicilia erano stati ritrovati duranti
degli scavi alcune rovine risalenti all’antica Grecia.
Un uomo che rappresentava
un importante museo italiano la invitò ad un pranzo di lavoro, con l’intenzione
di assumerla per gestire i lavori.
Per Marlene si trattava di
un occasione ghiotta, quella di tornare al suo primo amore, l’archeologia.
Un punto di ripartenza
ideale per lei.
<Miss Alraune, benvenuta.
Sono Niccolò Tancredi. La ringrazio per la puntualità.> disse l’uomo,
facendole un elegante baciamano.
Villa Spector. Adesso.
Un rapido giro di
telefonate era bastato a Marc Spector per scoprire che Marlene aveva accettato
un lavoro in Sicilia e quando scoprì chi era l’uomo nelle foto capì cosa c’era
dietro.
<Nefaria deve aver
scoperto in qualche modo la mia identità!> gridò Marc, tirando un pugno alla
console <e ora vuole colpirmi tramite Marlene!>
<E’ chiaramente una
trappola Marc. L’ha invitata in Sicilia per attirarti lì, sul suo
territorio.>
<Lo so, ma non posso
tirarmi indietro. Non gli permetterò di fare alcun male a Marlene.>
<Allora dobbiamo almeno
preparare una strategia, un contromossa ...>
<No Nigel, non ce ne
sarà bisogno. Andrò in Sicilia e convincerò Marlene a rinunciare a quel lavoro e la riporterò qui. E ci andrò da solo.>
<Che cosa? Perché?>
<Te l’ho detto, non ci
sarà bisogno di azione. Tu mi servi qui. Mi terrai costantemente aggiornato su
quanto avviene in città.>
<Non credo sia un buona
idea separarci, Marc. >
<Ho deciso così, Nigel.
Ti prego, non discutere. Mi serve qualcuno che resti qui a monitorare la
situazione. Inoltre non parli italiano e non mi saresti di grande aiuto, sei
più utile qui.>
Marc andò avanti tirando fuori
varie scuse per cui non voleva che Nigel andasse con lui, ma la reale
motivazione non gliela disse mai. La verità è che non voleva che lui facesse la
fine di Frenchie; anche il suo vecchio amico era perito durante una missione in
Europa.
Il ricordo di
quell’esperienza era ancora troppo fresco in lui, non l’aveva ancora superato e
non poteva affrontare quel rischio. Non un’altra volta.
La decisione era presa,
Marc era irremovibile.
Seppur a denti stretti,
Nigel l’accettò.
Ma non gli piaceva.
Aeroporto di Catania. Due giorni dopo.
La Sicilia era splendida
in quel periodo dell’anno. Il clima caldo e secco era piacevole, per questo
motivo una volta atterrato Marc noleggiò un’auto decapottabile, voleva godersi
appieno la bellezza dei paesaggi, i profumi e i colori di quella terra.
Il suo italiano era ancora
molto buono, benché non lo usasse da tempo: nessuno lo avrebbe mai scambiato
per uno del posto, quello no, ma riusciva a leggere e parlare in modo più che
soddisfacente.
Lo aveva imparato anni fa,
più a Nord, quando era lì per conto della CIA insieme a quel pazzo furioso di
suo fratello.
Aveva trovato anche
l’amore in Italia, che rispondeva al nome di Lisa, un infermiera che si era
presa cura delle sue ferite e aveva conquistato il suo cuore.
Purtroppo Lisa fu la prima
vittima della follia omicida di suo fratello Randall; una delle numerose
perdite della vita di Marc Spector.
Si sforzò di lasciar
perdere quei tristi ricordi, lasciandosi rapire dalla bellezza di quei luoghi.
La camicia a maniche corte,
gli occhiali a sole, l’aria sul viso ... c’erano tutti gli elementi per
lasciarsi andare e godersi quella che poteva essere una perfetta vacanza.
Ma Marc non era lì per
quello. Un compito molto importante lo attendeva nella città di Taormina, che
non distava molto.
Era lì che stava Marlene.
La ragazza non sapeva che rischio stava correndo, ad accettare il lavoro che le
avevano offerto.
Nefaria aveva davvero
fatto bene i compiti: per la sua ex fidanzata era un richiamo impossibile da
resistere quello di occuparsi di alcuni scavi archeologici in quella zona così
ricca di antichità.
Per ripetere quello che
era ormai un cliché trito e ritrito, per lei era stata veramente “un offerta
che non potè rifiutare”: Marlene amava l’arte, era figlia di un archeologo di
fama mondiale e aveva ereditato dal padre questa passione.
La Sicilia in questo senso
era un vero e proprio Eldorado per chi come lei era attratta dalle antichità:
non si poteva fare un passo senza che il proprio sguardo non ricadesse verso un
monumento, un palazzo o una chiesa che non trasudasse storia e bellezza.
Uno dei luoghi di maggior
interesse per i turisti a Taormina era
il favoloso Teatro antico, risalente al III secolo avanti Cristo, scavato nella
roccia e che aveva per sfondo il mar Ionio e l’Etna.
Era stato spesso usato per
i concerti di grandi artisti come i Deep Purple, Bob Dylan, Santana, Sting e
Lou Reed, solo per citarne alcuni.
Marc era più che certo che
avrebbe trovato lì Marlene, e la sua deduzione si rivelò azzeccata: la bella
bionda infatti si trovava, insieme ad altri turisti, a scattare foto ai
colonnati di fronte alle tribune.
Vederla lì, felice in
mezzo a quelle rovine, la faceva apparire più bella che mai, agli occhi di
Marc.
Sarebbe stato anche
disposto a non cercarla più, e a lasciarle vivere in quel modo il resto della
sa vita, se non ci fosse stata l’ombra di un grave pericolo ad incombere su di
lei.
<Marlene...> la
chiamò.
<MARC! Sei tu... ma...
che ci fai qui?> esclamò lei, sorpresa nel vederlo.
Dopo i vari convenevoli e
un iniziale titubanza, Marc riuscì a convincerla a farsi accompagnare in un
caffè.
Si sedettero a un tavolo
che aveva una deliziosa vista sul mare.
C’erano tutti gli elementi
per una scena romantica, ma la realtà era ben diversa: si poteva avvertire
parecchia tensione, fra i due ex amanti.
<Mi fa piacere
rivederti. Ti trovo molto bene.>
<Grazie. Anche tu stai
bene.> rispose lei, non troppo convinta <Ho saputo che sei... tornato in
azione. I notiziari non parlano d’altro. Ti stai dando da fare.> aggiunse
poi.
<Sì, ho capito che...
c’è ancora bisogno di me.>
Passarono alcuni minuti di
silenzio, poi Marc disse:
<Sai, oltre quel mare
c’è il luogo dove ci siamo conosciuti...>
<In realtà Taormina è a
Est. L’Egitto è più a Sud.>
<Si è vero ma... quel
che intendevo, e che siamo molto più vicini, rispetto a New York.>
<Che cosa vuoi, Marc?
Perché sei venuto a cercarmi? Come hai saputo che sono qui? Voglio essere
chiara, se è un tentativo di riconciliazione io non ....>
<No. Non è per
quello... sei stata molto chiara l’ultima volta. Capisco bene i motivi della
tua scelta. No, e il come ti ho trovata è collegato al motivo per cui sono
qui.>
Marc le mostrò la foto che
la ritraeva con Niccolò Tancredi, in cui aveva segnato il suo volto con una
“x”.
<Quell’uomo lavora per
il conte Nefaria, un noto criminale, un ricercato internazionale. Ha combattuto
contro i Vendicatori e gli X-Men ed è inutile dirti che è un uomo molto
pericoloso. Deve aver saputo che io sono Moon Knight e vuole colpirmi tramite
te. Corri un grave pericolo Marlene. Non puoi accettare la loro offerta, è
ovvio che te l’hanno fatta arrivata per tenerti sotto tiro. Forse ci stanno
osservando anche adesso. Devi venire via con me, tornare in America. Lì sarai
al sicuro.> le rivelò, allungando la mano sulla sua.
Ma Marlene la ritrasse, e
la sua reazione non fu affatto quella che Marc si aspettava.
<Vuoi dirmi che dietro
quest’occasione da sogno, dietro questa opportunità di rifarmi una vita c’è
ancora la follia di Moon Knight?> disse, con un tono decisamente arrabbiato.
<Per quanto ancora devo
pagarla, eh Marc? Per quanto dovrò scontare quella maledizione che t’ha preso
in quel maledetto tempio in Egitto, dimmi? Non ho fatto la mia parte? Non ho
sofferto abbastanza? Per quanto il tuo presunto Dio della Luna vuole avvelenare
la mia vita eh? Dimmelo!>
Marc soffrì nel vederla così
furiosa. Aveva ragione, la sua unica colpa era quella di essersi innamorata di
lui e le era costato tutto quello che aveva.
<Hai ragione tesoro ...
e non so dirti quanto mi dispiace. Ma mi farò perdonare, e insieme riusciremo a
venirne fuori anche questa volta ...>
<NO! SONO STUFA! NON NE
POSSO PIU’ DI TUTTO QUESTO!> sbraitò, richiamando l’attenzione di tutti i
presenti nel locale.
<Vogliono te? E che
allora se la prendano con te! Io non ci voglio più entrare! Vattene Marc,
vattene via... se vedranno che non sei venuto, capiranno che non ho più nulla a
che fare con te, e mi lasceranno perdere!>
<Non funziona così
Marlene ...>
<Non sono una damigella
in pericolo, Marc! Sono in grado di badare a me stessa, non sono indifesa!>
<Marlene... non sai il
pericolo che stai correndo ...>
<No Marc, basta così;
non ho alcun non ho bisogno di te! Lasciami stare ...>
La donna se ne andò,
lasciandolo da solo.
“Storia di corna” disse malignamente qualcuno del posto, nel vedere
il litigio tra i due.
Marc rimase a fissarla
mentre si allontanava.
Cosa poteva fare? Non
poteva certo obbligarla a seguirlo ... e fare un altro tentativo di convincerla
non avrebbe funzionato, la conosceva troppo bene.
Oramai, ne era certo,
l’amore che provava per lui non c’era più e qualunque ascendente avesse presso
di lei lo aveva perso con esso.
Ma non avrebbe mai
permesso che le fosse accaduto qualcosa; fosse l’ultima cosa che faceva,
l’avrebbe protetta.
Forse non poteva
convincerla a venire via da lì, ma una cosa la poteva fare: poteva colpire
Nefaria per primo. Era la cosa migliore da fare.
New York.
Se c’è una cosa che non
manca, in America, è un poligono di tiro dove poter sparare.
Gli americani hanno una
vera passione per le armi, e Nigel Higgins lo sapeva bene.
Andò in uno di questi a
sfogare la propria frustrazione.
Mentre sparava colpi
contro la sagoma in bianco e nero, pensava alla discussione avuta con Marc.
Era nei patti che avevano
stabilito, l’ultima parola spettava a lui, era lui che dettava le regole e ci
metteva equipaggiamento e denaro.
Da quando avevano iniziato
la loro collaborazione, Marc lo aveva trattato alla pari, e questa era la prima
volta che gli aveva fatto pesare la sua posizione di capo.
Ma persino uno sprovveduto
avrebbe capito che andare da solo, senza aver elaborato un piano, nella “tana
del lupo” equivaleva a gettarsi tra le braccia del nemico... e Marc non era uno
sprovveduto.
Gli aveva confidato di
aver sofferto di depressione e di aver avuto in passato problemi mentali... e
se avesse avuto tendenze suicide?
Scacciò questo macabro
pensiero sparando gli ultimi colpi.
Marc sapeva cosa fare, si
disse.
Che diamine, era Moon
Knight da un sacco di tempo, non era un dilettante.
Presto si sarebbe messo in
contatto con lui.
Continuava a ripeterselo,
come un mantra... tanto che, forse, alla fine sarebbe riuscito persino a
crederci.
Quella stessa notte.
Trovare un latitante in
Italia sarebbe stata un impresa impossibile persino per Moon Knight, per
fortuna però che lui aveva una pista che le autorità italiane non avevano:
sapeva che Niccolò Tancredi, ufficialmente contabile presso una azienda
italo-americana con interessi economici in Sicilia, era in realtà al servizio
del conte. Pertanto pedinando lui, sarebbe riuscito ad arrivare a Nefaria.
Tancredi salì a bordo di
una Mercedes nera guidata da un autista in abito scuro.
Senza essere minimamente
notato, Moon Knight riuscì ad attaccare all’auto un segnalatore di posizione e
li seguì a debita distanza con la sua auto.
Sarebbe stato molto più
semplice seguirli dall’alto grazie al Mooncopter, ma era rimasto fermo sulla
sua posizione di non coinvolgere Nigel, e nonostante tutto non aveva cambiato
idea.
Gli aveva detto che non ci
sarebbe stata azione, che sarebbe tornato insieme a Marlene ma aveva mentito:
in cuor suo sapeva che Marlene lo avrebbe respinto e lo avrebbe costretto a
soluzioni drastiche, e i suoi timori si avverarono.
Per questo aveva portato
con se costume ed equipaggiamento, e per questo motivo in quel momento si trovava
a pedinare un mafioso tra i monti Peloritani.
L’aria si faceva più
frizzante, salendo di quota. Non c’era più il clima mite e piacevole di
Taormina.
Ci volle più di un ora ma
alla fine arrivò alla meta: ai piedi della Rocca Salvatesta, vicino a Novara di
Sicilia, era stata costruita un enorme villa.
L’auto di Tancredi vi
entrò dentro. Marc lo osservava da
lontano con un binocolo.
Era il momento di entrare
in azione.
Si tolse gli abiti e
indossò il suo costume.
La Luna era coperta dalle
nubi, quella sera. Non certo un buon presagio per lui.
Doveva ritenerlo un
segnale? Forse Khonshu era contrario a quell’azione?
Non gli importava. C’era
la vita di Marlene in ballo; qualunque cose lo aspettasse lì, lo avrebbe
affrontato con la certezza che la cosa avrebbe tenuto lei al sicuro.
Non si poteva certo dire
che Nefaria non si trattasse bene: la villa aveva un bellissimo giardino molto
curato, con tanto di piscina olimpionica. Il tutto però pullulava di guardia
armate, ma sebbene il bianco non fosse il colore più indicato per non risultare
visibile, Moon Knight sapeva essere furtivo e non essere visto, se non voleva.
Penetrò nel perimetro e
lanciando il suo rampino, si arrampicò sulle mura.
Arrivò sul tetto, il punto
più alto da dove poter osservare.
In quale stanza alloggiava
Nefaria? Scrutava, in cerca di un
indizio che potesse fornirgli una risposta a quella domanda, quando notò una
luce provenire dalla terrazza sul lato ovest.
Si sentiva della musica di
sottofondo. Moon Knight non la conosceva, ma era una melodia di Vivaldi.
Si avvicinò furtivamente,
cercando di vedere di più.
Nefaria era da solo,
davanti al grande camino al centro della sala, bevendo un liquore.
<Vieni pure avanti Moon
Knight, non fare il timido: sei il benvenuto.> disse, continuando a fissare
le fiamme che scoppiettavano davanti a lui.
Era stato beccato:
nonostante le sue attenzioni, Nefaria si era accorto di lui.
Lo aveva sottovalutato: evidentemente
disponeva di un sistema di allarme molto più sofisticato di quanto avesse
preventivato.
“Non importa” pensò “ormai
sono qui”.
Scese dal tetto con un
acrobazia ed entrò nella sala, impugnando tra le dita due mezzelune e
mettendosi in posizione da lancio.
<Il famoso Moon
Knight... “u cavalieri ra luna” diremmo qua. E’ da un po’ di tempo che le
nostre strade s’incrociano ... direi che è il momento di conoscerci di
persona.> disse il conte, con un finto tono amichevole che faceva presagire
al peggio.
<Non muovere un
muscolo, Nefaria. Un solo accenno a chiamare rinforzi e te li pianto nel
petto.>
< Come siamo nervosi
... forse preferisce che la chiami col suo vero nome, eh, signor Marc
Spector?> aggiunse poi.
Moon Knight non fece una
piega a quella rivelazione, di cui aveva già intuito che fosse a conoscenza, si
limitò a chiedere:
<Come? Come hai fatto
Nefaria?>
<Forse sarebbe il caso
di chiedere “perché“ l’ho fatto ... anche se sicuramente
potrai intuirlo facilmente da te. Quelle cose che hai fatto in Messico e in
Florida non mi sono piaciute affatto.> disse, cambiando completamente tono
<Hai idea di quanto tempo, denaro e risorse mi sei costato, maledetto figlio
d’un cane?>
<Mai abbastanza.>
rispose il supereroe in bianco.
<Ah si? Scommetto che
non saresti così spavaldo se ci fosse qui la signorina Alraune... gran bella
donna, a proposito: ricorda Cameron Diaz agli esordi...>
L’allusione fece sbottare
Moon Knight, che gli si avventò addosso, afferrandolo per il bavero.
<Falla finita Nefaria!
Qualsiasi cosa tu abbia in mente non....>
Moon Knight non finì la
frase, perché improvvisamente ebbe le vertigini e si sentì venire meno.
<Ma... che cosa....>
<Ah ah ah ah ... che
cos’hai Spector? L’aria di montagna è troppo rarefatta per te?> osservò
Nefaria con un ghigno maligno stampato sul volto.
Che cosa gli era successo?
Erano sintomi di avvelenamento, ma non aveva toccato né ingerito niente, pensò
Marc ... ma allora com’era possibile?
La risposta era lì,
davanti ai suoi occhi, mentre era accasciato al suolo: Nefaria aveva bruciato
nel camino qualche sostanza nociva, a cui lui era evidentemente immunizzato,
che si era diffusa nella stanza. Era inodore e incolore, per questo non se ne
era accorto.
<Maledetto... ugh
...> gli uscì dalla bocca.
<No, che tu sia maledetto
per tutti i problemi che mi ha causato in questo periodo... ora li sconterai
tutti, ad uno a uno. Ma lascia che prima ti presenti qualcuno che vuole unirsi
alla nostra festa...>
Moon Knight si girò di
scatto, e da dietro una tenda apparve qualcuno che conosceva bene.
Ma non poteva credere ai
suoi occhi: gli anfibi, i pantaloni militari, persino il dolcevita nero e la
fondina per la pistola... era un abbigliamento che lui era solito usare, anni
prima... e quello non era il SUO VOLTO?
Ma come poteva essere lì
nei panni di Marc Spector e allo stesso tempo in quelli di Moon Knight?
Stava forse impazzendo?
Era reale quell’uomo o la sua schizofrenia stava tornando a galla.
<No, resta lucido...
concentrati.> disse se stesso < Quello non sono io. Non mi sto perdendo
di nuovo... è uno sporco trucco ... resta lucido, resta.. >
<Che cosa c’è Marc?
Stai dando di matto? Beh sai, si dice che sia una cosa ereditaria, nella nostra
famiglia...> il viso era il suo, quello di Marc Spector... ma quella battuta
gli rivelò la verità.
<Randall...> e
all’improvviso gli fu tutto chiaro, tutto quanto: l’evasione dal Ravencroft, la
scoperta della sua identità segreta, Marlene usata come esca: il puzzle si era
formato, il complotto si era rivelato.
Era stato lui, Randall, il
suo fratello pazzo.
Quest’ultimo lo colpì con
un calcio, mentre Marc era steso a terra indebolito.
<Sono io, Marc? O sono te?
E tu chi sei.... Jake Lockley, Steven Grant, Moon Knight... sono io la tua
allucinazione, o tu la mia? AH AH AH AH
AH AH!> disse, sghignazzando come un pazzo, e continuando a colpirlo con
forza.
Il veleno con cui ero
entrato a contatto iniziava a propagarsi nel suo sangue, e il suo cervello
perse il contatto con la realtà: immagini confuse di Randall, di Marc, di Jake
Lockley, di Steven Grant, di Marlene, di Frenchie, del suo vecchio amico
Crawley, di Mezzanotte, di Jack Russell, di Khonshu iniziarono ad apparirgli
davanti.
<No... no... io... voi... non esistete, non siete qui…
io...>
Non riusciva più a capire
cose fosse reale e cosa no. Non sapeva più neppure dove si trovasse: Italia,
Egitto, Chicago, New York, il Messico... luoghi, date e persone si mescolavano
e si confondevano nella sua testa.
<NOOOOOOOOOOO!>
gridò, e con la forza della disperazione e della follia accennò ad una
reazione, ma qualcuno altro entrò in scena.
<Hola. Te acuerdas de mi?> chiese sarcasticamente Tarantula Nera.
Ma la mente di Moon Knight
gli mostrò il volto di un'altra persona.
<BUSHMAN!> gridò in
preda al terrore.
Cercò di colpirlo, ma
Tarantula gli diede una violenta testata.
<Esto sta loco...> disse il criminale argentino con disprezzo.
<Finiamolo.>
<No! Non ancora ... voglio
che soffra!> disse Randall, riprendendo a colpirlo.
<Era nei patti.>
osservò Nefaria < e poi si, anche io voglio che soffra, prima.>
<Como tu quieres...> rispose, e il povero Moon Knight divenne un
punching ball tra i due.
Non c’era speranza per lui
di sopravvivere.
Non si sarebbe mai ripreso
in tempo da quell’allucinogeno.
Nessuno sapeva che si
trovasse lì.
Nessuno sarebbe corso in
suo soccorso.
Era completamente in balia
dei suoi nemici.
Marc Spector alias Moon
Knight era destinato a morire lì, in terra siciliana, senza che nessuno lo
piangesse.
Pure nel suo stato di
totale mancanza di lucidità, però, sapeva che questo sarebbe valso
probabilmente la salvezza di Marlene. Ed era l’unica cosa che contava
veramente.
Le nubi nel cielo si
aprirono, lasciando intravedere uno spicchio di luna.
Khonshu non aveva ancora
finito con lui.
Da nulla all’improvviso
degli spari colpirono la tenuta del conte.
< MA CHE DIAVOLO
E’?> imprecò Nefaria.
Tarantula Nera venne
colpito al petto.
Randall venne colpito di
striscio, ma fu abbastanza rapido da togliersi dalla linea di fuoco, afferrare
una bottiglia di whisky dal tavolo e lanciarla dentro il camino.
Questa esplose divampando
e provocando un incendio: i tre criminali usarono fiamme e fumo per coprirsi la
fuga.
Il fuoco si propagò
rapidamente per tutto l’edificio.
Moon Knight, a terra
inerme, venne circondato dalle fiamme.
Sarebbe stato divorato da esse,
se due forti braccia non lo avessero afferrato e portato via di lì.
Mentre veniva trascinato
via come una carcassa di animale, Moon Knight nel suo delirare faceva solamente
un nome.
<Marlene....>
CONTINUA!
Le Note
Il
titolo di questo racconto non proviene da un film, come sono solito fare, ma da
un famoso episodio del Punitore, in cui Frank Castle si recava in Sicilia – in
quel di Palermo – alla ricerca delle proprie origini. Anche Marc Spector era
già stato in Italia, e fu lì che iniziò la follia di suo fratello, come avete
appena letto.
Sulla bellezza di Taormina, che fa da cornice a questa
storia, c’è poco da dire, mentre per scoprire chi è che ha tolto le castagne
dal fuoco a Moon Knight dovete aspettare il prossimo episodio.
Carmelo Mobilia.